la popolazione della Sardegna allo scorcio del I millennio a.C.
Cantos fimus in Sardinna sende Mannos.
Pensiamo che ben pochi conoscano il metodo privo di qualsiasi base storica e demografica adottato per ottenere il numero degli abitanti dell’isola, per l’epoca romana. Proprio in questa luce, disapproviamo con asprezza il contenuto di tutti i testi storici moderni che riportano risibili dati come 150.000 e 300.000, perché frutto di una scopiazzatura che solo un pigro scolaro ha il coraggio di riportare. Infatti, tutto risale a Carlo Giulio Beloch, che 120 anni addietro nella sua Bevolkerung suppone per la Sardegna allo scadere dell’ultimo millennio a.C., 250-300.000 abitanti.
Ma altri autori, prima dello studioso prussiano, stilarono una loro ipotesi sulla consistenza abitativa della nostra isola per lo stesso periodo. Il primo che ricordiamo fu F. Gemelli che calcolò con 50 pagine di varie argomentazioni, tra cui quella relativa alla produzione del grano, in 1,8 milioni, gli abitanti dell’isola.
Tale dato fu accettato anche dal Manno e suffragato in essa da pertinenti argomentazioni. Successivamente P. Castiglioni prendendo, prima del Beloch, come riferimento di calcolo, gli 80.000 di Tiberio Gracco, ma avendo considerato quella cifra doversi riferire solo a due delle cinque popolazioni dell’isola, sfruttando parametri moltiplicatori diversi, ricavava una popolazione di 3 milioni di abitanti.
Anche E. Pais dedicò alcune pagine all’argomento, ma non azzardò calcoli e dedusse il dato di cui stiamo discorrendo, rifacendosi ad indicazioni di Diodoro e Seneca, sulle quali ritiene di approssimare la popolazione della Corsica a 100.000 anime (falsando il risultato aritmetico, perché il dato ch’egli ricava è pari a sessantamila) e deduce che, poiché ai suoi tempi esiste un rapporto di 1/3 fra gli abitanti di Corsica e Sardegna, nell’età romana la seconda dovesse assommare una popolazione di 300.000 persone. Tale metodica approssimativa, del sardo-piemontese, si spiega in questi termini: egli non apprezzò il lavoro del Beloch infatti, nei riguardi della Bevolkerung dichiara: «peccato che in quest’opera le congetture, talora eccessive, predominino sui dati positivi e sicuri», ma nello stesso tempo, ritenne prudente condividere il dato del Prussiano. Pertanto egli condusse una diversa riflessione ma, abbiamo visto, anch’egli per il tramite di “congetture, talora eccessive”. P. Meloni, rilascia due dati, il primo, che prende dal prussiano, indica essere «grosso modo 300.000 abitanti», per il secondo va in ricalco del procedimento del Pais, pur mantenendo la coerenza aritmetica venuta meno al suo modello ed infatti ha un risultato pari a 150.000. A. Mastino, esprime a sua volta un dato che reputa: «al di sotto dei 300.000 abitanti», con chiara indicazione del dato belochiano.
Ma i dati generali del vissuto sardiano riportati in kircandesossardos, ci spingono a dichiarare che la entità della popolazione sardiana non potè essere così esigua, ma dovesse essere almeno dieci volte maggiore. E, certo, i dati ricavati dal Gemelli e dal Castiglioni si orientano verso la nostra inferenza.
Torna a favore di questa proiezione, anche l’analisi del percorso bizzarro che ha portato il Beloch a quel risultato, proprio lui che accusa il Nissen ed il Castiglioni, di dichiarare cifre “campate in aria”, per quanto attiene i dati da essi pubblicati. Bene, egli porta a sostegno della cifra dichiarata i seguenti tre parametri, molto significativi di una totale mancanza di volontà nel produrre prove responsabili di quanto affermi:
1) - «è di ciò indizio (cioè il numero così basso di abitanti, ndr) […] la facilità con cui i Romani pervennero a […] mantenere il dominio (della Sardegna, ndr)».
Già quì cominciamo a nutrire seri dubbi circa la sua buona conoscenza della storia della Sardegna. Ben al contrario dei suoi flebili ricordi, le fonti raccontano che, a fronte della generalità dei popoli che caddero in breve o brevissimo tempo, essa fu infatti l’unica nazione, fra quelle che confluirono sotto l’influenza romana, a portare una feroce guerra all’Urbe per almeno 127 anni e che per circa altri cento anni, continui violenti atti di guerriglia da parte dei Popoli sardi, turbarono gravemente la tranquilla vita dell’Urbe.
2) - «se la Sicilia […] contava sotto Augusto poco più di 600.000 abitanti, la popolazione della Sardegna potremo al massimo farla ascendere alla metà di questa cifra».
Egli ovviamente, dall’alto della sua cattedra di storia antica nell’Ateneo romano, non si prende la briga di spiegare su quali basi faccia tale deduzione. Ebbene, parafrasando lo stesso autore in un suo rivolgersi al Nissen, diremo che egli ha quì “oltrepassato il limite, in cui la scienza cessa e comincia l’opinione soggettiva”.
3) - «Tiberio Gracco […] nel 177 a.C. […] vantava nel suo trofeo d’aver uccisi o fatti prigionieri circa 80.000 nemici […] codesto dato s’accorderebbe quindi benissimo con una popolazione assoluta di 300.000 abitanti».
Anche qui, il demografo manifesta esatta la misura della sua mancanza di dati, lasciandoci solo delle illazioni personali di nessun peso scientifico. Infatti:
- prendere i dati presenti nella targa del tempio della Mater Matuta, e trattarli alla stregua di risultati di un censimento (d’età repubblicana)
- trattare il “continente Sardegna” come fosse stata “una città” che avesse messo in campo tutti quanti i suoi civium capita, cioè la somma totale degli uomini adulti, oltre i 16-17 anni, atti alle armi
- considerare 80.000 come il dato di un censimento ed usando un moltiplicatore, 4,0, ottenere 320.000, cifra che reputa vicina alla cifra che vedemmo sopra, dimenticando che il moltiplicatore che egli è solito usare è 4,5 (come ebbe a rimproverare al Nissen, che ne usava uno di 5,0) e che pertanto la cifra risultante sarebbe 360.000, che è di per sé superiore, a quella dichiarata, di ben il 20%.
Bene, tutto ciò ci costringe a dichiarare che quanto messo in campo, nell’occasione, dall’esimio storico è sublime manifestazione di una tale disarmonia nel procedere, che non fa certo onore né allo studioso, né allo storico, né alla scienza demografica.
Ma vogliamo entrare nel merito dell’unico dato, su cui si è basato il Prussiano, per trarre anche noi delle deduzioni in proposito. Il Beloch sembra ignorare che il console Tiberio Sempronio Gracco andò a combattere contro un esercito formato da Iliensi, al quale si era unito un contingente di Balari. Quindi il console romano, ben lungi dal combattere contro gli eserciti, che tutte le popolazioni e città della Sardegna avrebbero potuto organizzare, combattè invece contro l’esercito messo a punto da due, dei tanti popoli della Sardegna. È opportuno notare come, in riferimento alla popolazione dell’isola, gli autori antichi ci trasmettano molto significative indicazioni:
- nel II sec. a.C., il famoso passo nelle Storie di Polibio (I,79,6) in cui prima egli la dichiara: «isola eccellente […] per l’abbondante popolazione», poi completa il suo pensiero aggiungendo: «ma poiché molti scrittori l’hanno descritta particolareggiatamente, non ritengo necessario ripetere le stesse cose su cui c’è unanime accordo», facendoci edotti circa una, altrimenti ignota consuetudine degli autori classici che lo hanno preceduto, a discettare concordemente (anche) sulla grande popolazione della Sardegna. Nessuno potrà negare infatti che, ove si trovi in presenza di una conoscenza straordinaria, qualsiasi storico vorrà manifestare la sua meraviglia, raccontando un fenomeno che reputa assolutamente fuori della norma, quale dovette essere la esorbitante popolazione della Sardegna
- nel I sec. d.C., Plinio il Vecchio, nella Naturalis Historia, riporta la presenza di 18 oppida
- nel II sec. d.C., Tolomeo nella Geographia,fornisce un numero netto di città pari a 22
- nel VII sec. d.C., l’Anonimo Ravennate, nella sua Cosmographia, in cui riporta:“si dice dell’isola di Sardegna che avesse moltissime città”
ed inoltre dobbiamo considerare che:
- in antico (come afferma il Pais) le città marinare della Sardegna fossero 12. Si pensi come oggi le città che ad esse si possano paragonare siano la metà
- la quantità dei popoli abitatori dell’isola. In relazione a questo dato, facciamo riferimento ai popoli della Sardegna romana, elencati dai tanti autori antichi e riassunti in un numero vicino a 50. Bene, se ora, prendessimo per buoni i numeri del Beloch, avremmo questi risultati.
Primo metodo
Per esempio, vogliamo conteggiare la popolazione della Sardegna romana, che il Beloch ha calcolato al II sec. a.C., ed usiamo come base per il calcolo, appunto, il numero degli abitanti che assommano due dei suoi popoli, 300.000 (qual è il risultato del Beloch), ed il numero dei populi, 50. Certo i due popoli degli Ilienses e dei Balari rappresentano le due entità etniche cui più frequentemente si richiamano gli autori antichi, ma non per questo esse saranno state le più numerose. Infatti a giudicare dai territori da esse occupati, per quanto si evinca dai testi classici, vediamo come tali territori non fossero più estesi, o presumibilmente più fertili, di quelli occupati dagli altri populi. Reputiamo che nella loro totalità, se alcuni populi (per seguire la terminologia dello Zucca) saranno stati più numerosi, ve ne saranno stati altri con un numero di abitanti inferiore, ma poiché non conosciamo il comportamento d’ogni singolo elemento, reputiamo corretto adire un puro calcolo di statistica fisica, per conoscere, in un dato momento, il comportamento dell’intero insieme dei populi di Sardinia.
Pertanto prendendo i due parametri appena evidenziati e moltiplicando il numero di abitanti della singola popolazione, 150.000, per il numero delle popolazioni, 50, abbiamo come risultato, una popolazione della intera Sardinia romana pari a: 7,5 milioni di abitanti.
Bene, noi come qualunque serio studioso, non siamo in grado di pronunciarci in merito; non possiamo reputare tale cifra una amplificazione oppure una attenuazione della reale consistenza degli abitatori di quella Sardegna. Certo abbiamo preso gli stessi dati del Beloch, ma soffiando via la nebbia che li avvolgeva ed inserendoli in un processo deduttivo ben più concreto, abbiamo ottenuto questo crudo risultato.
Secondo metodo
Sposiamo pure la filosofia nel ricavare i numeri, messa in atto dallo storico tedesco.
Egli fa riferimento al dato inserito nella targa apposta nel tempio della Mater Matuta da Tiberio Sempronio Gracco. Bene noi crediamo che tale numero sia certamente amplificato perché servito a spingere il senato a concedere il trionfo. Se poi lo confrontiamo con i dati arrivatici da Livio, che fornisce un numero totale di soldati perduti dai Sardi in 27.000 e pur credendo ad una amplificazione dei dati forniti dalla fonte annalistica cui si rifece lo storico patavino, ma potendo anche credere che la fonte di Livio possa aver trasmesso solo una parte dei fatti accaduti ed ammettendo per assurdo che anche questi ultimi narrino di una sconfitta dei Sardi, ci sentiamo di eseguire una sorta di estrapolazione. I dati a disposizione sono, 27.000 e 80.000 ed essi sono entrambi dei dati falsati, ma un numero che stesse al centro parrebbe rispondere alle due esigenze di fare giustizia di una eventuale mancanza di dati proveniente dagli annalisti e di una possibile amplificazione del numero da parte del console.
Bene, non abbiamo altro modo per dedurre da tale contesto il dato mancante, se non attraverso la media aritmetica dei dati a disposizione, ottenendo un numero pari a 53.500, rappresentando esso il numero dei caduti o prigionieri fra Iliesi e Balari nelle campagna del console. Tale numero, diviso per “2”, il cui risultato è 26.750, ci fornisce il dato per ciascuna popolazione della Sardinia, che rappresenta il numero dei civium capita, cioè la somma totale degli uomini adulti, oltre i 16-17 anni, atti alle armi, seguendo appunto il metodo del Beloch.
Moltiplicando tale ultimo dato per il moltiplicatore belochiano “4,5” ed il risultato per il numero delle popolazioni attestate storicamente in Sardinia, otteniamo un nuovo dato sulla popolazione dell’isola intorno al II sec. a.C., cioè: 6.018.750.
Come possiamo constatare il risultato è abbastanza vicino a quello precedente e ben lontano anch’esso, dal risultato inopinatamente fornito dallo studioso prussiano.
Terzo metodo
Sappiamo da Pompeo Trogo, attraverso Giustino, che i Cartaginesi tentarono inutilmente di conquistare la Sardegna in due occasioni. Prima di noi il Carta Raspi aveva supposto che il primo esercito mandato in Sardegna, sotto il comando di Mazeus, fosse composto da 80.000 uomini. Noi abbiamo dedotto sulla base di pertinenti considerazioni, essere tale numero molto attendibile e pertanto lo facciamo nostro. Mentre questa dovette essere una guerra lampo, la seconda guerra combattuta dai Sardiani contro i Punici, guidati nientemeno che da due generali, ebbe forse una durata di due anni.
Bene, sulla base della precedente disastrosa esperienza, in considerazione dei lunghi tempi di preparazione, sulla inusuale presenza di due comandanti alla guida, pertanto, di due eserciti, sulla improcrastinabile imperialistica esigenza di appropriarsi di un immenso territorio dalle smisurate risorse alimentari e minerarie, abbiamo facilmente dedotto che stavolta i Cartaginesi, sia i legislatori, sia gli amministratori, sia i controllori della spesa pubblica, dopo aver raccolto smisurate risorse finanziarie, abbiano dato ampio mandato ai generali, di predisporre una macchina da guerra sì imponente, di raccogliere una tale quantità di soldati mercenari, da poter escludere nel modo più categorico, di riportare un’altra atroce sconfitta in Sardegna.
Per tutte quante queste ragioni, abbiamo inferito essere i due eserciti cartaginesi, comandati uno da Asdrubale ed uno da Amilcare, avere un totale di non meno di 140.000 soldati.
I Sardiani conoscevano benissimo le spiagge di Cartagine per avervi soggiornato anche prima della sua fondazione, quindi ebbero esatta la percezione della consistenza numerica dell’esercito avverso. Uno storico che avesse acquisito le risibili considerazioni degli autori latini, circa la incapacità dei Sardiani ad eccellere nelle arti militari, direbbe ora che per poter adeguatamente affrontare quell’esercito, i Sardiani avrebbero dovuto prepararare a loro volta un esercito almeno quattro/otto volte più numeroso. Ma ci pare giusto credere che i Sardiani abbiano preparato un numero di guerrieri di poco inferiore a quello punico, pari a circa 130.000 guerrieri, perché la componente che faceva capo ai Balentes, si sarà voluta riservare la soddisfazione, di affrontare l’imbelle nemico, con un esercito numericamente inferiore. Ora vediamo di riuscire a comprendere la composizione di detto esercito.
L’area direttamente interessata verso una aggressione che venisse dal lato punico, fu certamente quella gravitante attorno alla costa meridionale della Sardegna. In essa erano attestate secondo vari autori, segnatamente il Pais, prima del periodo romano le seguenti popolazioni:
Siculenses, Norenses, Sulcitani, alle quali aggiungiamo i Caralitani. Tali popolazioni abitavano un territorio che partiva dalla foce del Flumendosa e passando per Cuccureddus, Pani Loriga, e Sirai, arrivava fino alle estreme propaggini del Sulcis.
Se queste popolazioni fornirono un esercito di 130.000 uomini adulti, oltre i 16-17 anni, atti alle armi, secondo la formula del Beloch, la loro consistenza numerica deve essere stata di circa 585.000 abitanti. Ciò significa che mediamente ciascuna popolazione assommava 146.250 anime.
Ci avvaliamo ancora dello studio compendiato dallo Zucca nella cartina di pag. 306-7, già ricordato.
Infatti pur essendo i populi, riportati nella sua cartina, riferiti all’epoca romana, pur tuttavia essi erano abitatori della nostra isola, nella quasi totalità dei casi, da ben prima che Roma vedesse la luce. Ragione per cui dei 54 rappresentati nella cartina, prendiamo solo i 50 che riteniamo presenti almeno dal VI sec. a.C. Ecco come, pertanto, la risultante totale popolazione della Sardegna nel VI secolo a.C., si approssimi a: 7,3 milioni di sardiani.
Quarto metodo
G. Ugas in una sua recente pubblicazione, sulla base di una stima che tiene presente la ipotesi di 1500 nuraghi (semplici e complessi) e di altrettanti insediamenti (i quali comprendono almeno 20 unità abitative ciascuno), afferenti esclusivamente al Bronzo medio, calcola che la popolazione dell’isola si possa aggirare, in quel momento, intorno ai 200.000 abitanti, insediati nei villaggi e nei nuraghi.
Bene, onde cercare dei dati concreti su cui inserire i parametri rilevati da questo studioso, andiamo a vedere come si sia comportata la popolazione della Sardegna, nell’unico periodo della sua storia, ove si trovino dei rilevamenti demografici.
Il primo censimento ebbe luogo nel 1483 e si contarono 150.000 abitanti. Consideriamo come ultimo per il nostro conteggio, il censimento del 2001 che dette 1.630.000 abitanti. Ebbene il periodo in cui vi fu il minore incremento demografico in questo spazio temporale di otre mezzo millennio, fu registrato fra il primo, già menzionato, ed il quarto censimento del 1688, che registrò una popolazione di 247.780 abitanti, in cui si ebbe un aumento di 98.000 individui in circa 200 anni. Ebbene noi prenderemo a campione propio questo periodo con il relativo minimo incremento. L’aumento percentuale della popolazione nel detto periodo fu del 65%, e noi andremo a calcolare tale incremento minimo, della ufficiale storia demografica della Sardegna, per ogni 200 anni, a partire dal Bronzo medio, fino ad arrivare alla Sardegna romana. Pertanto a partire dal 1500 a.C., come indicato dall’Ugas, in cui egli ragionevolmente ritiene sia presente una popolazione di 200.000 anime, operiamo ogni 200 anni un incremento del 65%. Con tale prudente operazione, arriviamo al periodo romano, segnatamente al 100 a.C., con una popolazione di 6.659.131 sardi.
Orbene, intraprendendo quattro differenti percorsi di calcolo, abbiamo raggiunto un risultato che possiamo definire univoco. Dobbiamo cominciare a prender nota che forse un nuovo strabiliante dato dovrà essere inserito nei trattati di storia della Sardegna. Reputiamo, le cifre ottenute, certo più coscienziose di quelle supposte dal Beloch e dal Pais e ricopiate dal Meloni e dal Mastino. Esse sono perfettamente compatibili con le grandiose imprese realizzate dai Sardiani negli ultimi tredicimila anni della passata era.
questo è un estratto del libro "kircandesossardos"
Pensiamo che ben pochi conoscano il metodo privo di qualsiasi base storica e demografica adottato per ottenere il numero degli abitanti dell’isola, per l’epoca romana. Proprio in questa luce, disapproviamo con asprezza il contenuto di tutti i testi storici moderni che riportano risibili dati come 150.000 e 300.000, perché frutto di una scopiazzatura che solo un pigro scolaro ha il coraggio di riportare. Infatti, tutto risale a Carlo Giulio Beloch, che 120 anni addietro nella sua Bevolkerung suppone per la Sardegna allo scadere dell’ultimo millennio a.C., 250-300.000 abitanti.
Ma altri autori, prima dello studioso prussiano, stilarono una loro ipotesi sulla consistenza abitativa della nostra isola per lo stesso periodo. Il primo che ricordiamo fu F. Gemelli che calcolò con 50 pagine di varie argomentazioni, tra cui quella relativa alla produzione del grano, in 1,8 milioni, gli abitanti dell’isola.
Tale dato fu accettato anche dal Manno e suffragato in essa da pertinenti argomentazioni. Successivamente P. Castiglioni prendendo, prima del Beloch, come riferimento di calcolo, gli 80.000 di Tiberio Gracco, ma avendo considerato quella cifra doversi riferire solo a due delle cinque popolazioni dell’isola, sfruttando parametri moltiplicatori diversi, ricavava una popolazione di 3 milioni di abitanti.
Anche E. Pais dedicò alcune pagine all’argomento, ma non azzardò calcoli e dedusse il dato di cui stiamo discorrendo, rifacendosi ad indicazioni di Diodoro e Seneca, sulle quali ritiene di approssimare la popolazione della Corsica a 100.000 anime (falsando il risultato aritmetico, perché il dato ch’egli ricava è pari a sessantamila) e deduce che, poiché ai suoi tempi esiste un rapporto di 1/3 fra gli abitanti di Corsica e Sardegna, nell’età romana la seconda dovesse assommare una popolazione di 300.000 persone. Tale metodica approssimativa, del sardo-piemontese, si spiega in questi termini: egli non apprezzò il lavoro del Beloch infatti, nei riguardi della Bevolkerung dichiara: «peccato che in quest’opera le congetture, talora eccessive, predominino sui dati positivi e sicuri», ma nello stesso tempo, ritenne prudente condividere il dato del Prussiano. Pertanto egli condusse una diversa riflessione ma, abbiamo visto, anch’egli per il tramite di “congetture, talora eccessive”. P. Meloni, rilascia due dati, il primo, che prende dal prussiano, indica essere «grosso modo 300.000 abitanti», per il secondo va in ricalco del procedimento del Pais, pur mantenendo la coerenza aritmetica venuta meno al suo modello ed infatti ha un risultato pari a 150.000. A. Mastino, esprime a sua volta un dato che reputa: «al di sotto dei 300.000 abitanti», con chiara indicazione del dato belochiano.
Ma i dati generali del vissuto sardiano riportati in kircandesossardos, ci spingono a dichiarare che la entità della popolazione sardiana non potè essere così esigua, ma dovesse essere almeno dieci volte maggiore. E, certo, i dati ricavati dal Gemelli e dal Castiglioni si orientano verso la nostra inferenza.
Torna a favore di questa proiezione, anche l’analisi del percorso bizzarro che ha portato il Beloch a quel risultato, proprio lui che accusa il Nissen ed il Castiglioni, di dichiarare cifre “campate in aria”, per quanto attiene i dati da essi pubblicati. Bene, egli porta a sostegno della cifra dichiarata i seguenti tre parametri, molto significativi di una totale mancanza di volontà nel produrre prove responsabili di quanto affermi:
1) - «è di ciò indizio (cioè il numero così basso di abitanti, ndr) […] la facilità con cui i Romani pervennero a […] mantenere il dominio (della Sardegna, ndr)».
Già quì cominciamo a nutrire seri dubbi circa la sua buona conoscenza della storia della Sardegna. Ben al contrario dei suoi flebili ricordi, le fonti raccontano che, a fronte della generalità dei popoli che caddero in breve o brevissimo tempo, essa fu infatti l’unica nazione, fra quelle che confluirono sotto l’influenza romana, a portare una feroce guerra all’Urbe per almeno 127 anni e che per circa altri cento anni, continui violenti atti di guerriglia da parte dei Popoli sardi, turbarono gravemente la tranquilla vita dell’Urbe.
2) - «se la Sicilia […] contava sotto Augusto poco più di 600.000 abitanti, la popolazione della Sardegna potremo al massimo farla ascendere alla metà di questa cifra».
Egli ovviamente, dall’alto della sua cattedra di storia antica nell’Ateneo romano, non si prende la briga di spiegare su quali basi faccia tale deduzione. Ebbene, parafrasando lo stesso autore in un suo rivolgersi al Nissen, diremo che egli ha quì “oltrepassato il limite, in cui la scienza cessa e comincia l’opinione soggettiva”.
3) - «Tiberio Gracco […] nel 177 a.C. […] vantava nel suo trofeo d’aver uccisi o fatti prigionieri circa 80.000 nemici […] codesto dato s’accorderebbe quindi benissimo con una popolazione assoluta di 300.000 abitanti».
Anche qui, il demografo manifesta esatta la misura della sua mancanza di dati, lasciandoci solo delle illazioni personali di nessun peso scientifico. Infatti:
- prendere i dati presenti nella targa del tempio della Mater Matuta, e trattarli alla stregua di risultati di un censimento (d’età repubblicana)
- trattare il “continente Sardegna” come fosse stata “una città” che avesse messo in campo tutti quanti i suoi civium capita, cioè la somma totale degli uomini adulti, oltre i 16-17 anni, atti alle armi
- considerare 80.000 come il dato di un censimento ed usando un moltiplicatore, 4,0, ottenere 320.000, cifra che reputa vicina alla cifra che vedemmo sopra, dimenticando che il moltiplicatore che egli è solito usare è 4,5 (come ebbe a rimproverare al Nissen, che ne usava uno di 5,0) e che pertanto la cifra risultante sarebbe 360.000, che è di per sé superiore, a quella dichiarata, di ben il 20%.
Bene, tutto ciò ci costringe a dichiarare che quanto messo in campo, nell’occasione, dall’esimio storico è sublime manifestazione di una tale disarmonia nel procedere, che non fa certo onore né allo studioso, né allo storico, né alla scienza demografica.
Ma vogliamo entrare nel merito dell’unico dato, su cui si è basato il Prussiano, per trarre anche noi delle deduzioni in proposito. Il Beloch sembra ignorare che il console Tiberio Sempronio Gracco andò a combattere contro un esercito formato da Iliensi, al quale si era unito un contingente di Balari. Quindi il console romano, ben lungi dal combattere contro gli eserciti, che tutte le popolazioni e città della Sardegna avrebbero potuto organizzare, combattè invece contro l’esercito messo a punto da due, dei tanti popoli della Sardegna. È opportuno notare come, in riferimento alla popolazione dell’isola, gli autori antichi ci trasmettano molto significative indicazioni:
- nel II sec. a.C., il famoso passo nelle Storie di Polibio (I,79,6) in cui prima egli la dichiara: «isola eccellente […] per l’abbondante popolazione», poi completa il suo pensiero aggiungendo: «ma poiché molti scrittori l’hanno descritta particolareggiatamente, non ritengo necessario ripetere le stesse cose su cui c’è unanime accordo», facendoci edotti circa una, altrimenti ignota consuetudine degli autori classici che lo hanno preceduto, a discettare concordemente (anche) sulla grande popolazione della Sardegna. Nessuno potrà negare infatti che, ove si trovi in presenza di una conoscenza straordinaria, qualsiasi storico vorrà manifestare la sua meraviglia, raccontando un fenomeno che reputa assolutamente fuori della norma, quale dovette essere la esorbitante popolazione della Sardegna
- nel I sec. d.C., Plinio il Vecchio, nella Naturalis Historia, riporta la presenza di 18 oppida
- nel II sec. d.C., Tolomeo nella Geographia,fornisce un numero netto di città pari a 22
- nel VII sec. d.C., l’Anonimo Ravennate, nella sua Cosmographia, in cui riporta:“si dice dell’isola di Sardegna che avesse moltissime città”
ed inoltre dobbiamo considerare che:
- in antico (come afferma il Pais) le città marinare della Sardegna fossero 12. Si pensi come oggi le città che ad esse si possano paragonare siano la metà
- la quantità dei popoli abitatori dell’isola. In relazione a questo dato, facciamo riferimento ai popoli della Sardegna romana, elencati dai tanti autori antichi e riassunti in un numero vicino a 50. Bene, se ora, prendessimo per buoni i numeri del Beloch, avremmo questi risultati.
Primo metodo
Per esempio, vogliamo conteggiare la popolazione della Sardegna romana, che il Beloch ha calcolato al II sec. a.C., ed usiamo come base per il calcolo, appunto, il numero degli abitanti che assommano due dei suoi popoli, 300.000 (qual è il risultato del Beloch), ed il numero dei populi, 50. Certo i due popoli degli Ilienses e dei Balari rappresentano le due entità etniche cui più frequentemente si richiamano gli autori antichi, ma non per questo esse saranno state le più numerose. Infatti a giudicare dai territori da esse occupati, per quanto si evinca dai testi classici, vediamo come tali territori non fossero più estesi, o presumibilmente più fertili, di quelli occupati dagli altri populi. Reputiamo che nella loro totalità, se alcuni populi (per seguire la terminologia dello Zucca) saranno stati più numerosi, ve ne saranno stati altri con un numero di abitanti inferiore, ma poiché non conosciamo il comportamento d’ogni singolo elemento, reputiamo corretto adire un puro calcolo di statistica fisica, per conoscere, in un dato momento, il comportamento dell’intero insieme dei populi di Sardinia.
Pertanto prendendo i due parametri appena evidenziati e moltiplicando il numero di abitanti della singola popolazione, 150.000, per il numero delle popolazioni, 50, abbiamo come risultato, una popolazione della intera Sardinia romana pari a: 7,5 milioni di abitanti.
Bene, noi come qualunque serio studioso, non siamo in grado di pronunciarci in merito; non possiamo reputare tale cifra una amplificazione oppure una attenuazione della reale consistenza degli abitatori di quella Sardegna. Certo abbiamo preso gli stessi dati del Beloch, ma soffiando via la nebbia che li avvolgeva ed inserendoli in un processo deduttivo ben più concreto, abbiamo ottenuto questo crudo risultato.
Secondo metodo
Sposiamo pure la filosofia nel ricavare i numeri, messa in atto dallo storico tedesco.
Egli fa riferimento al dato inserito nella targa apposta nel tempio della Mater Matuta da Tiberio Sempronio Gracco. Bene noi crediamo che tale numero sia certamente amplificato perché servito a spingere il senato a concedere il trionfo. Se poi lo confrontiamo con i dati arrivatici da Livio, che fornisce un numero totale di soldati perduti dai Sardi in 27.000 e pur credendo ad una amplificazione dei dati forniti dalla fonte annalistica cui si rifece lo storico patavino, ma potendo anche credere che la fonte di Livio possa aver trasmesso solo una parte dei fatti accaduti ed ammettendo per assurdo che anche questi ultimi narrino di una sconfitta dei Sardi, ci sentiamo di eseguire una sorta di estrapolazione. I dati a disposizione sono, 27.000 e 80.000 ed essi sono entrambi dei dati falsati, ma un numero che stesse al centro parrebbe rispondere alle due esigenze di fare giustizia di una eventuale mancanza di dati proveniente dagli annalisti e di una possibile amplificazione del numero da parte del console.
Bene, non abbiamo altro modo per dedurre da tale contesto il dato mancante, se non attraverso la media aritmetica dei dati a disposizione, ottenendo un numero pari a 53.500, rappresentando esso il numero dei caduti o prigionieri fra Iliesi e Balari nelle campagna del console. Tale numero, diviso per “2”, il cui risultato è 26.750, ci fornisce il dato per ciascuna popolazione della Sardinia, che rappresenta il numero dei civium capita, cioè la somma totale degli uomini adulti, oltre i 16-17 anni, atti alle armi, seguendo appunto il metodo del Beloch.
Moltiplicando tale ultimo dato per il moltiplicatore belochiano “4,5” ed il risultato per il numero delle popolazioni attestate storicamente in Sardinia, otteniamo un nuovo dato sulla popolazione dell’isola intorno al II sec. a.C., cioè: 6.018.750.
Come possiamo constatare il risultato è abbastanza vicino a quello precedente e ben lontano anch’esso, dal risultato inopinatamente fornito dallo studioso prussiano.
Terzo metodo
Sappiamo da Pompeo Trogo, attraverso Giustino, che i Cartaginesi tentarono inutilmente di conquistare la Sardegna in due occasioni. Prima di noi il Carta Raspi aveva supposto che il primo esercito mandato in Sardegna, sotto il comando di Mazeus, fosse composto da 80.000 uomini. Noi abbiamo dedotto sulla base di pertinenti considerazioni, essere tale numero molto attendibile e pertanto lo facciamo nostro. Mentre questa dovette essere una guerra lampo, la seconda guerra combattuta dai Sardiani contro i Punici, guidati nientemeno che da due generali, ebbe forse una durata di due anni.
Bene, sulla base della precedente disastrosa esperienza, in considerazione dei lunghi tempi di preparazione, sulla inusuale presenza di due comandanti alla guida, pertanto, di due eserciti, sulla improcrastinabile imperialistica esigenza di appropriarsi di un immenso territorio dalle smisurate risorse alimentari e minerarie, abbiamo facilmente dedotto che stavolta i Cartaginesi, sia i legislatori, sia gli amministratori, sia i controllori della spesa pubblica, dopo aver raccolto smisurate risorse finanziarie, abbiano dato ampio mandato ai generali, di predisporre una macchina da guerra sì imponente, di raccogliere una tale quantità di soldati mercenari, da poter escludere nel modo più categorico, di riportare un’altra atroce sconfitta in Sardegna.
Per tutte quante queste ragioni, abbiamo inferito essere i due eserciti cartaginesi, comandati uno da Asdrubale ed uno da Amilcare, avere un totale di non meno di 140.000 soldati.
I Sardiani conoscevano benissimo le spiagge di Cartagine per avervi soggiornato anche prima della sua fondazione, quindi ebbero esatta la percezione della consistenza numerica dell’esercito avverso. Uno storico che avesse acquisito le risibili considerazioni degli autori latini, circa la incapacità dei Sardiani ad eccellere nelle arti militari, direbbe ora che per poter adeguatamente affrontare quell’esercito, i Sardiani avrebbero dovuto prepararare a loro volta un esercito almeno quattro/otto volte più numeroso. Ma ci pare giusto credere che i Sardiani abbiano preparato un numero di guerrieri di poco inferiore a quello punico, pari a circa 130.000 guerrieri, perché la componente che faceva capo ai Balentes, si sarà voluta riservare la soddisfazione, di affrontare l’imbelle nemico, con un esercito numericamente inferiore. Ora vediamo di riuscire a comprendere la composizione di detto esercito.
L’area direttamente interessata verso una aggressione che venisse dal lato punico, fu certamente quella gravitante attorno alla costa meridionale della Sardegna. In essa erano attestate secondo vari autori, segnatamente il Pais, prima del periodo romano le seguenti popolazioni:
Siculenses, Norenses, Sulcitani, alle quali aggiungiamo i Caralitani. Tali popolazioni abitavano un territorio che partiva dalla foce del Flumendosa e passando per Cuccureddus, Pani Loriga, e Sirai, arrivava fino alle estreme propaggini del Sulcis.
Se queste popolazioni fornirono un esercito di 130.000 uomini adulti, oltre i 16-17 anni, atti alle armi, secondo la formula del Beloch, la loro consistenza numerica deve essere stata di circa 585.000 abitanti. Ciò significa che mediamente ciascuna popolazione assommava 146.250 anime.
Ci avvaliamo ancora dello studio compendiato dallo Zucca nella cartina di pag. 306-7, già ricordato.
Infatti pur essendo i populi, riportati nella sua cartina, riferiti all’epoca romana, pur tuttavia essi erano abitatori della nostra isola, nella quasi totalità dei casi, da ben prima che Roma vedesse la luce. Ragione per cui dei 54 rappresentati nella cartina, prendiamo solo i 50 che riteniamo presenti almeno dal VI sec. a.C. Ecco come, pertanto, la risultante totale popolazione della Sardegna nel VI secolo a.C., si approssimi a: 7,3 milioni di sardiani.
Quarto metodo
G. Ugas in una sua recente pubblicazione, sulla base di una stima che tiene presente la ipotesi di 1500 nuraghi (semplici e complessi) e di altrettanti insediamenti (i quali comprendono almeno 20 unità abitative ciascuno), afferenti esclusivamente al Bronzo medio, calcola che la popolazione dell’isola si possa aggirare, in quel momento, intorno ai 200.000 abitanti, insediati nei villaggi e nei nuraghi.
Bene, onde cercare dei dati concreti su cui inserire i parametri rilevati da questo studioso, andiamo a vedere come si sia comportata la popolazione della Sardegna, nell’unico periodo della sua storia, ove si trovino dei rilevamenti demografici.
Il primo censimento ebbe luogo nel 1483 e si contarono 150.000 abitanti. Consideriamo come ultimo per il nostro conteggio, il censimento del 2001 che dette 1.630.000 abitanti. Ebbene il periodo in cui vi fu il minore incremento demografico in questo spazio temporale di otre mezzo millennio, fu registrato fra il primo, già menzionato, ed il quarto censimento del 1688, che registrò una popolazione di 247.780 abitanti, in cui si ebbe un aumento di 98.000 individui in circa 200 anni. Ebbene noi prenderemo a campione propio questo periodo con il relativo minimo incremento. L’aumento percentuale della popolazione nel detto periodo fu del 65%, e noi andremo a calcolare tale incremento minimo, della ufficiale storia demografica della Sardegna, per ogni 200 anni, a partire dal Bronzo medio, fino ad arrivare alla Sardegna romana. Pertanto a partire dal 1500 a.C., come indicato dall’Ugas, in cui egli ragionevolmente ritiene sia presente una popolazione di 200.000 anime, operiamo ogni 200 anni un incremento del 65%. Con tale prudente operazione, arriviamo al periodo romano, segnatamente al 100 a.C., con una popolazione di 6.659.131 sardi.
Orbene, intraprendendo quattro differenti percorsi di calcolo, abbiamo raggiunto un risultato che possiamo definire univoco. Dobbiamo cominciare a prender nota che forse un nuovo strabiliante dato dovrà essere inserito nei trattati di storia della Sardegna. Reputiamo, le cifre ottenute, certo più coscienziose di quelle supposte dal Beloch e dal Pais e ricopiate dal Meloni e dal Mastino. Esse sono perfettamente compatibili con le grandiose imprese realizzate dai Sardiani negli ultimi tredicimila anni della passata era.
questo è un estratto del libro "kircandesossardos"